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Cin­ema e pit­tura entrambe rap­p­re­sen­tazioni della vita: il cin­ema esplode nelle tele, nei pro­tag­o­nisti delle sto­rie pit­toriche, nelle emozioni e nei sogni degli osser­va­tori; è evo­cazione, o vocazione, per­ché aver uno sguardo cin­e­matografico verso la vita è un tal­ento nat­u­rale, è una spinta emozionale irrefren­abile che quasi ti costringe a rac­con­tare sto­rie (in parte vere). L» arte di inventare un mondo fit­tizio e arte­fatto, come una rap­p­re­sen­tazione sul pal­coscenico della vita, antichissima traslazione dal teatro greco, è anche al tempo stesso la forza propul­siva della pit­tura. La pit­tura parla diret­ta­mente all» anima dello spet­ta­tore, provoca, rilassa, evoca, inventa, rigen­era, ferisce: pro­prio come il cinema.
Per­chè in fondo, aveva ragione Alfred Hitch­cock: “Il cin­ema è la vita a cui sono state tolte le parti noiose”.
Cine /​estetico. Il dual­ismo del cin­ema, cinestetico visivo udi­tivo e quanto mai emozionale, e dal lato opposto la pit­tura, espres­sione estet­ica o anti-​estetica delle emozioni, rap­p­re­sen­tazione artis­tica capace di coin­vol­gere la sfera udi­tiva visiva tat­tile, neu­ronale dell» espe­rienza umana dell’osservatore.
Diego Scur­satone, è:
- cinestetico: ovunque, nel nulla e nella des­o­lazione di certi suoi pae­saggi abban­do­nati, nelle vie traf­fi­cate delle città eter­na­mente in movi­mento e in comu­ni­cazione, nei rari per­son­aggi, appar­ente­mente pre­senze casu­ali, in realtà primi attori delle sue scene;
- udi­tivo: sem­pre, una tem­pesta di suoni e di musiche accom­pa­gna il suo processo cre­ativo, ed è doveroso reg­is­trarne meti­colosa­mente ogni volta gli spunti sul retro dell» opera d’arte; il flusso sonoro è vivo, pre­sente nella mate­ria pit­tor­ica, come un accom­pa­g­na­mento per una storia;
- (più che mai) visivo: tele come finestre spalan­cate su mondi reali e sog­nati, scene di vita che sem­brano rubate al set di film, e in tutte.…l’attesa, la sen­sazione che qual­cosa sta per accadere. Si è fis­sato l’attimo ma non si è fer­mato il tempo, l’emozione va ancora oltre i con­fini materici del quadro e coin­volge tutti i piani sen­so­ri­ali, e intorno puoi sen­tire, immag­inare, quasi vedere gli attori che preparano la prossima scena.
Adri­ana Rig­o­nat, con il suo segno graf­fi­ato, a volte solo accen­nato e lieve, dis­creto, altre volte estrema­mente duro e dram­matico, rimanda a film e per­son­aggi noti all» immag­i­nario col­let­tivo, e nel ciclo “Irma la dolce” i pro­tag­o­nisti delle sue sto­rie si scam­biano ruoli in un con­tinuo gioco di provo­cazione e di seduzione, di per­ver­sione e spesso di dolorosa solitudine.
Bisha, artista emer­gente dell» arte dig­i­tale, media il rap­porto con la realtà attuale, con­trad­dit­to­ria, dura, dolorosa ma anche iron­ica, attra­verso personaggi-​icone del mondo cin­e­matografico, come Darth Vader emblema del lato oscuro del potere, nei panni di Char­lie Chap­lin, o Woody Allen, re incon­trastato della rap­p­re­sen­tazione cin­e­matografica delle relazioni amorose, che si intromette nella sto­ria d’amore tra il duca Fed­erico di Mon­te­fel­tro e Bat­tista Sforza, quasi come un deus ex-​machina che nel punto critico della sto­ria ne risolve inaspet­tata­mente l’intreccio.
Clau­dio Mas­succo, ritrat­tista emer­gente di alto liv­ello, rap­p­re­senta David Bowie colto quasi di sor­presa in un atteggia­mento più per­son­ale e intimistico, fuori dal jet-​set, men­tre Yas­mine Dainelli guida l’osservatore diret­ta­mente sul set, in uno scor­cio su un cinema-​teatro di Lon­dra, il cui tratto cupo e ner­voso del dis­egno ci parla del potente flusso emozionale che ha guidato l’artista nella rap­p­re­sen­tazione “en plein air”.
Intorno ai pit­tori emer­genti con­tem­po­ranei, le donne di Janusz Haka dialogano con la Mec Art di Bertini e Anna Comba, il cro­ma­tismo di Nespolo si con­fronta con quello di Veronesi, che rap­p­re­senta l’esperienza nella prima fil­mo­grafia a col­ori, men­tre Lam­berto Pig­notti, poeta visivo e vision­ario, il Rim­baud con­tem­po­ra­neo, dom­ina la scena.